Legale o non legale, ricordiamo: può far male. | Sulla querelle relativa all'intesa MettiamociInGioco / Sistema Gioco Italia

Al tempo in cui le interlocuzioni fra MettiamociInGioco e Confindustria non erano nemmeno iniziate, ebbi occasione di segnalare al tavolo nazionale della Campagna quanto “azzardato” potesse essere avventurarsi in questa forma di mediazione impossibile. Applicare con rigore le conoscenze sociologiche e cliniche necessarie per contrastare sensibilmente gli scivolamenti progressivi dal gioco sociale al gioco patologico significherebbe infatti ridurre di una quota superiore al 50% i proventi delle società concessionarie, ed è molto difficile immaginare che l’industria del gioco sia disposta ad autoregolarsi in tal senso.

La velocità delle puntate e l’eccessiva disponibilità delle forme di azzardo sono universalmente riconosciute come le fonti principale di patologia. Proprio in questi giorni (15-16 ottobre) a Roma si è tenuta un’importante conferenza internazionale in materia – “Gambling: more than a new addiction” alla quale sono intervenuti sia policy makers sia clinici di alto profilo, concordanti circa la pericolosità delle forme di azzardo a rapida ripetibilità e ad alta disponibilità territoriale/temporale.

Sappiamo che ogni italiano azzarda per cifre che variano fra 1000 e 2200 euro pro capite a seconda delle regioni di rilevamento, e che l’azzardo incide per circa il 10% sulla spesa delle famiglie italiane: naturalmente queste cifre sono distribuite in senso statistico ed è chiaro a molti studiosi del fenomeno che una buona parte del volume d’affari dell’industria dell’azzardo è movimentata da quelli che consideriamo giocatori problematici o patologici.

Contenere la problematicità o la patologia significa quindi comprimere sensibilmente i guadagni dell’industria del settore. Chiamarla “industria” è del resto un azzardo terminologico, perché se è vero che in questi anni si sono industriati in ogni modo possibile per drenare liquidità da una società già in crisi, è vero anche che stiamo parlando di attività “produttive” a filiera corta, o nulla, dove il numero complessivo di addetti è risibile se proporzionato ai proventi, spesso non tassabili in Italia in quanto realizzati da aziende con sede legale all’estero.

Purtroppo, come era prevedibile e previsto, (ironia della sorte per chi si occupa d’azzardo) la prima scommessa è stata persa ed il banco (Sistema Gioco Italia) ha realizzato il suo primo profitto determinando gli scossoni a cui stiamo assistendo sull’arca variamente popolata della Campagna MettiamociInGioco.

C’è ora da augurarsi che non si vogliano rincorrere le perdite attraverso nuove puntate senza prima ridefinire le modalità di confrontazione con un sistema, quello dell’azzardo, infinitamente più coeso ed economicamente/politicamente influente rispetto alla pur robusta campagna di MettiamociInGioco.

Evidentemente qualcosa non ha funzionato, ed osservando le reazioni provenienti da varie organizzazioni bisogna semplicemente prendere atto di una cosa: il protocollo d’intesa che la Campagna MettiamociInGioco ha siglato con Sistema Gioco Italia non è stato sufficientemente condiviso/discusso fra i promotori ed ancor meno con la base delle associazioni e con le persone che nelle regioni sostengono la mobilitazione.

Ma dimenticare che la tessitura delle comunicazioni e l’organizzazione del consenso fra più di trenta organizzazioni promotrici e centinaia di sigle aderenti nei territori è un compito oneroso e complesso non contribuisce certo alla causa del benessere sociale.

I virulenti attacchi ad personam a cui abbiamo assistito in questi giorni non sono in alcun modo giustificabili ed a Matteo Iori e don Armando Zappolini va riconosciuto l’infaticabile impegno profuso nella costituzione di un vasto fronte di contenimento dell’azzardo. Chi dissente, avrebbe potuto con più pacati toni chiedere conto delle modalità attraverso cui nel movimento si dispiegano i meccanismi di delega della rappresentanza: i 35 promotori hanno deliberato a maggioranza semplice o qualificata un atto così delicato ? In che modo si sarebbe potuto chiedere ai sostenitori di condividere questo passaggio, così come è stato chiesto loro di sottoscrivere i 14 punti fondanti della Campagna per essere accolti come aderenti ?

Se gli importanti risultati conseguiti dalla Campagna MettiamociInGioco in termini di mobilitazione, visibilità sui media e pressione a livello politico/amministrativo vengono gambizzati dal “sacro fuoco” amico (virginal-massimalista) la controparte (Sistema Gioco Italia) avrà già ottenuto il suo scopo, che se non fosse chiaro è quello di depotenziare l’impatto che una campagna articolata ma coesa può avere sul piano politico, legislativo, culturale e di orientamento dei consumi - verso beni di stimolo (produttivi) e non di comfort (dissipazione).

Credo sarebbe assai opportuno per tutti se ci fosse una maggiore disponibilità al dialogo e se la buona fede e la buona volontà di ognuna di ognuna delle voci che si levano contro l’azzardo (legale o illegale che sia) venissero date per scontate. Di tutto abbiamo bisogno, tranne che di alimentare spaccature in una fase in cui si profilano battaglie importanti per bonificare ragionevolmente il paese dagli Hunger Games dell’azzardo.

Se la strategia di Sistema Gioco Italia era quella di trascinare nella palude l’arca della Campagna MettiamociInGioco, ebbene, rischiamo che ci riescano. Ai promotori della Campagna dunque ora, prendere atto della necessità di ridefinire il quadro, ripartendo da una condivisione più ampia (e minuziosa al contempo) di ogni passaggio.

Avendo chiaro che:

-       anche il “gioco legale”, nel volume di diffusione raggiunto, è pericoloso per i singoli giocatori e dannoso per l’economia e la cultura della nostra società;

-       le energie spese per contrastare l’inqualificabile dicitura “ludopatia” non devono essere vanificate da compromessi lessicali: una definizione di “gioco d’azzardo” può essere “gioco di alea con vincite (+ spesso perdite) in denaro”, quindi, non foss’altro che per economia di linguaggio, meglio l’originale;

-       il fronte di chi vende illusioni e quello di chi ne illumina il trucco sono irriducibili e dev’essere lo stato a farsi carico di governare la materia e le necessarie transazioni

Ora il governo Renzi intende aumentare la tassazione su Slot e VLT per un miliardo di euro e per la prima volta (dopo la timida “ammissione” di Balduzzi) il gioco d’azzardo patologico viene riconosciuto come una patologia per cui mettere in campo delle risorse (attraverso il disegno di legge di stabilità). A metà novembre arriverà in aula il ddl “Istituzione di un Osservatorio nazionale sulle dipendenze da gioco d'azzardo e disposizioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione della dipendenza da gioco d'azzardo patologico". Si può fare meglio, certo, si può fare di più, ma ognuno ora faccia la sua parte.

Claudio Dalpiaz


dr. Claudio Dalpiaz - Psicologo, Psicoterapeuta - Via Gaeta 19 int. 1 - 00185 Roma
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